Agenzia ufficio stampa giovanni franchi

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settembre

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La vacanza gratuita si trasforma in un impegno di spesa di 21 milioni di lire. La Corte d’appello di Bologna, in esecuzione di una sentenza della Corte di Cassazione, condanna Intesa San Paolo

Grazie a Konsumer sono state ribaltate due sentenze che imponevano a due coniugi di Parma il pagamento. Ora otterranno un’adeguata restituzione di quanto versato

Ancora una storia di consumatori traditi, raggirati e costretti a pagare. Questa volta, per fortuna, c’è stato il lieto fine, grazie all’intervento di Konsumer, associazione che da anni si occupa di tutela dei consumatori, che  presso la Corte d’appello di Bologna, è riuscita a ribaltare due precedenti decisioni, una del tribunale di Parma, l’altra della stessa Corte d’appello, sulla base di quanto statuito dalla Corte di Cassazione.

Attirati con una vacanza gratuita e, successivamente, la possibilità di soggiornare a prezzo stracciato presso altre strutture, a patto che si iscrivessero al “Compass Club”, affiliato a Greenblu, la società che offriva il soggiorno.

Così nel dicembre 2001 è iniziato il calvario di una coppia di coniugi di Parma, invitata presso un albergo di Tabiano (PR), in quanto sorteggiati per una vacanza gratuita di una settimana. Una circostanza che sembrava fortunata, alla quale si aggiungeva altra fortuna: la possibilità di soggiornare presso tutte le strutture di una catena di alberghi in tutto il modo, con una spesa di appena 75 mila lire al giorno a testa per la mezza pensione. Nessun obbligo, nessun costo fisso, solo la richiesta di iscrizione al club.

I due firmano, ma una volta a casa la loro figlia, rileggendo il contratto più approfonditamente e gli impegni in esso contenuti, si accorge che tra questi figura l’obbligo di corrispondere la complessiva somma di 21 milioni di lire.

La coppia chiese ulteriori spiegazioni. In un primo momento furono rassicurati circa l’inesistenza di qualsiasi obbligo, aggiungendo che, se lo desideravano, avevano 10 giorni per recedere dal contratto. Una volta presso la Greenblu con l’intento di recedere, ai due fu detto che avevano sottoscritto una dichiarazione vincolante, ed essendo già stato emesso il relativo certificato, il recesso a norma degli artt. 5 e 11  sarebbe costato loro il 30% del prezzo, cioè circa 6 milioni di lire.

Non  avendo al momento la necessaria disponibilità economica per provvedere all’integrale pagamento del dovuto, i consumatori venivano, infine, convinti a firmare una richiesta di finanziamento con la FinemiroStile, (successivamente divenuta Neos Finance ed oggi , Intesa San Paolo Personal Finance) impegnandosi a corrispondere 48 rate mensili  di 272,70.

Subito dopo, contattarono l’avvocato Giovanni Franchi, Presidente della Regione Emilia-Romagna di Konsumer. L’avvocato Franchi con atto di citazione sostenne la nullità del contratto stipulato con la GreenBlu, stante l’assoluta indeterminatezza e indeterminabilità del suo oggetto, nonché la mancanza degli elementi indicati nel decreto legislativo 427/98 del contratto di finanziamento concluso con la Finemiro Stile, trattandosi di negozio connesso al precedente.

Purtroppo, in un primo momento il Tribunale di Parma respinse la richiesta, condannando i coniugi a pagare alla Finemiro Stile, diventata Neos Finance, oltre 11 mila euro, una somma maggiorata degli interessi legali. E lo stesso accadde in sede d’appello davanti alla Corte felsinea.

L’avv. Franchi convinse allora i consumatori a rivolgersi al supremo organo giurisdizionale dello Stato, ossia la Corte di cassazione

L’avvocato Franchi, certo della validità di quanto avanzato, proseguì nei successivi gradi di giudizio, fino a che, con sentenza 1561/2021, la Corte d’appello di Bologna, in esecuzione della sentenza della Corte di Cassazione, ribaltò la decisione di Parma, condannando Intesa alla restituzione di quanto versato dai consumatori, oltre interessi, per complessivi € 17.804,66, oltre le spese di tutti i gradi del giudizio.

La Corte, come già aveva fatto il Tribunale,  ha accertato la nullità del contratto affiliazione a società turistiche, per risparmiare sulle prenotazioni alberghiere. Ma soprattutto, in ossequio alla decisone della Suprema Corte, ha ravvisato un incontestabile collegamento negoziale tra questo e  quello di concessione del credito stipulato con una società finanziaria.

Una sentenza che, secondo l’avvocato Franchi “conferma l’orientamento giurisprudenziale espresso da diverse altre sentenze dei Tribunali di Trieste, di Verona e di Parma, per le quali il contratto di finanziamento deve ritenersi strettamente connesso a quello di affiliazione al sistema turistico, con la conseguenza che dalla nullità di quest’ultimo discende anche la sua